Microbica


La trasformazione degli alimenti per via fermentativa è considerato il più antico processo biotecnologico utilizzato dall'uomo per la conservazione di alimenti e bevande. In questi prodotti l'attività microbica svolge un ruolo chiave. Oltre al ruolo tradizionale di prolungamento della "shelf-life" del prodotto, la fermentazione "guidata" dai microrganismi determina anche una trasformazione dell'alimento, modificandone il valore nutrizionale, le caratteristiche aromatiche e, in alcuni casi, gli aspetti salutistici.

Il processo fermentativo contribuisce infatti ad incrementare la sicurezza del prodotto fermentato (che non rappresenta più un potenziale substrato per lo sviluppo di microflora patogena, tossigena o alterante), nonché la qualità dell'alimento. Inoltre, la fermentazione incrementa anche il valore nutrizionale degli alimenti mediante (Johnson & Steele, 1997; Ricke & Keeton, 1997):

  • la biosintesi di vitamine, aminoacidi essenziali e proteine;
  • l'aumento di digeribilità di fibre e proteine;
  • la degradazione microbica di fattori antinutrizionali.

 

I microrganismi coinvolti nella produzione di alimenti e bevande fermentate sono costituiti principalmente da lieviti e batteri lattici. In particolare:

  • i lieviti intervengono come microflora primaria prevalentemente nella produzione di bevande fermentate (es. vino, birra) e come microflora secondaria nei prodotti lattiero-caseari (es. formaggi) o derivati della carne (es. insaccati);
  • i batteri lattici svolgono un ruolo di microflora primaria nei prodotti lattiero-caseari e negli insaccati.


I processi fermentativi affidati unicamente ai microrganismi naturalmente presenti nelle materie prime (es. mosto, latte, carne, ecc.), che sono spesso in numero esiguo rispetto all'abbondanza della microflora alterante, non di rado forniscono alimenti difettosi, ed in ogni caso gli esiti finali del processo produttivo sono spesso imprevedibili (Fleet, 1997; Johnson & Steele, 1997; Ricke & Keeton, 1997). Altre volte la qualità degli alimenti prodotti può essere eccellente ma è sempre soggetta a notevole variabilità di risultati ed i frequenti "difetti" di prodotto risultano deleteri ed in radicale contrasto con le esigenze delle aziende produttrici. Per questo motivo il settore alimentare ha avvertito l'esigenza di "pilotare" i processi produttivi, anche e soprattutto attraverso l'impiego controllato di colture microbiche starter (Fleet, 1997; Johnson & Steele, 1997; Ricke & Keeton, 1997).


In questo contesto, negli ultimi anni l'industria alimentare ha fatto sempre più ricorso alle colture microbiche starter di tipo commerciale, ottenute a partire da microrganismi conservati e venduti da aziende multinazionali (es. Lallemand Inc., Canada). Nell'industria alimentare moderna, l'impiego di colture microbiche starter è ormai considerata una pratica irrinunciabile, non solo per la produzione di formaggi, ma anche di insaccati, vino, pane, ecc. Queste, se da un lato garantiscono il raggiungimento negli alimenti fermentati di traguardi produttivi prevedibili e sicuri, dall'altro portano ad un parziale "appiattimento" dei differenti prodotti finali, i quali, pur partendo da una materia prima spesso tipica del territorio di produzione (es. mosto, latte, carne, ecc.), rischiano di perdere una parte della loro tipicità.

 


Questo problema può essere risolto tramite l'utilizzazione di colture starter autoctone, costituite da microrganismi isolati a partire da specifici ambienti di lavorazione (e successiva fermentazione) localizzati nella stessa azienda che, successivamente, utilizzerà tale coltura. Tali microrganismi autoctoni (altrimenti chiamati "ceppi aziendali"), successivamente selezionati in laboratorio in funzione di specifiche proprietà fisiologiche e tecnologiche e aggiunti come colture starter alla materia prima (mosto, carne, latte, ecc.), sono generalmente in grado di condurre il processo di fermentazione salvaguardando la tipicità della zona e dell'azienda di produzione dell'alimento e della bevanda fermentata.


Sulla base di questi presupposti, la ricerca si è proposta il miglioramento di alcuni prodotti alimentari fermentati provenienti dal territorio regionale umbro tramite l'utilizzazione di ceppi di lieviti e di batteri lattici autoctoni in grado di condurre all'ottenimento di prodotti finali di qualità (es. prodotti ad elevato contenuto di aromi) e la cui riproducibilità sia dovuta all'utilizzazione ripetuta (anno dopo anno) di lieviti autoctoni (cioè isolati dalla materia prima e/o dai luoghi di produzione). 
Tale finalità è stata perseguita tramite l'isolamento, selezione e caratterizzazione tecnologica di ceppi di lieviti e di batteri lattici. Questi sono conservati presso la Industrial Yeasts Collection DBVPG (www.agr.unipg.it/dbvpg) del Dipartimento di Biologia Applicata dell'Università di Perugia.


Le diverse fasi delle attività prevedono:

 

    • il campionamento in azienda negli ambienti di lavorazione,
    • l'identificazione dei lieviti e batteri lattici autoctoni,
    • caratterizzazione tecnologica dei ceppi di lieviti e batteri lattici autoctoni.


In particolare quest'ultima fase è stata condotta tramite la determinazione delle seguenti proprietà:

 

  • potere fermentativo (Vaughan-Martini & Martini, 1998);
  • produzione di molecole volatili (VOCs) (Buzzini et al., 2005);
  • attività proteolitica e lipolitica (Brizzio et al., 2007);

 

RISULTATI

Sono stati isolati 89 ceppi di lieviti da cantine, 21 di lieviti e 19 di batteri lattici da caseifici e salumifici.

Dopo isolamento, l'identificazione dei lieviti ha messo in evidenza i seguenti risultati:

  • Lieviti: 89 ceppi sono risultati appartenere alla specie S. cerevisiae, 15 alla specie Debaryomyces hansenii e 7 alla specie Kluyveromyces marxianus. In particolare, S. cerevisiae e D. hansenii sono risultate le specie prevalenti nelle cantine e nei caseifici/salumifici, rispettivamente.
  • Batteri lattici: 10 ceppi sono risultati appartenere alla specie Lactobacillus plantarum, 4 alla specie Lactobacillus sakè e 5 alla specie Lactobacillus curvatus.

 

Relativamente alla valutazione dei caratteri tecnologici dei ceppi di lieviti autoctoni sono emersi i seguenti risultati:

    • oltre il 90% dei ceppi di S. cerevisiae hanno messo in evidenza un elevato potere fermentativo (% di etanolo prodotto > 11%).
    • La produzione di molecole volatili nei ceppi delle specie S. cerevisiae e D. hansenii ha messo in evidenza la sintesi preponderante di esteri e di alcoli superiori, con una forte ceppo-specificità.

  • Anche l'attività proteolitica e lipolitica dei ceppi studiati ha messo in evidenza una forte ceppo-specificità. Alcuni ceppi di D. hansenii e K. marxianus hanno messo in evidenza la produzione di elevate quantità di lipasi e proteasi extracellulari.

 

La valutazione dei caratteri tecnologici dei ceppi di lieviti autoctoni ha messo in evidenza i seguenti risultati:

 

  • tutti i ceppi di batteri lattici hanno messo in evidenza un elevato potere fermentativo (% di acido lattico > 0.7%).
  • La produzione di molecole volatili nei ceppi di batteri lattici non ha messo in evidenza alcuna apprezzabile sintesi di molecole volatili.
  • Anche l'attività proteolitica e lipolitica dei ceppi studiati è risultata assai ridotta.

 
Sebbene le specie di lieviti e batteri lattici che vengono utilizzate nei processi di fermentazione (S. cerevisiae nei prodotti enologici, D. hansenii, L. plantarum, L. sakè, L. curvatus nei prodotti lattiero-caseari e negli insaccati) siano facilmente isolabili dagli ambienti di lavorazione dove abitualmente vengono attuati i processi fermentativi, è possibile mettere in evidenza l'esistenza di numerose differenze tra ceppi diversi della stessa specie, soprattutto in termini di caratteristiche fisiologiche e di attitudine tecnologica alla trasformazione delle materie prime in prodotti fermentati. 
I ceppi di lievito e di batteri lattici autoctoni (isolati da aziende diverse) risultano pertanto tipici sia della zona di produzione, sia, soprattutto, delle caratteristiche ecologiche presenti nei locali nei quali avviene la fermentazione. Alla luce di tali considerazioni, questi ceppi autoctoni possono essere utilizzati, dopo una attenta caratterizzazione (tassonomica, fisiologica e tecnologica) per l'allestimento di processi produttivi differenziati. Il risultato finale è quindi rappresentato da un prodotto tipico della regione e dell'azienda di produzione, sia per origine della materia prima, sia (soprattutto) per l'utilizzo di lieviti e batteri lattici starter autoctoni in grado di condurre all'ottenimento di sapori e "flavours" finali esclusivi e tipici. Questi ceppi sono conservati presso centri specializzati che li mettono a disposizione dei produttori (su richiesta) al momento dell'utilizzazione.

 

(Testo rielaborato da "AA.VV. 2010. Servizio di Conservazione e Ampliamento delle Banche regionali della Biodiversità. Annualità 2009-2010. Edizioni 3A-PTA, Pantalla (PG))